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Mi diressi verso luoghi sperduti Remoti dai frastuoni urbani Dove il buio soffoca ogni luce Su piagge volgenti al mare Scrutanti radi navigli notturni solcar le acque. Sostai lassù Catturato dal fragore di onde infrangersi Su inerti scogli erosi Dal sibilio del vento vezzeggiante l’erba E lieve giungere a lambir la pelle Dall’effluvio di fiori non scorti La cui essenza garbava all’anima. Plagiato da tal sublimi percezioni Mi distesi ammaliato sulla fresca erba A contemplar nient’altro che il cielo Sciami di stelle adornanti Che mai prima ebbi a notare. E poi, suggestivo accadimento Che come in sogno condusse il cuore Lieve e alato nel saggiar un’estasi di gioia All’ormai lontano mondo estranea Quando che scorsi un frammento d’astro cadente attraversar il cielo E lesto, lì volsi la mano E su di essa espirai la brama. Chiusi gli occhi.
Anonimo
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