La mia sensazione è che tutto
questo avvenga solo nelle grandi città, lungo la costa e le altre
direttrici percorse dai flussi turistici, ma non nelle zone più
interne o rurali, o in tutta la parte Est del Paese.
E secondo la mia percezione, questo sarebbe il motivo per cui siamo
sempre stati ospitati in alberghi lontani dai centri abitati e non
abbiamo mai avuto modo di entrare in contatto diretto con la
popolazione locale, se non ad Istanbul, città che invece rappresenta
un’eccezione, una realtà diversa, molto più vicina a quella dei
paesi occidentali.
Anche lungo il nostro itinerario,
nei villaggi che abbiamo sfiorato, non abbiamo notato molto
benessere e modernità. Anzi! Non che questo lo consideri un motivo
di disprezzo o disonore, assolutamente, ma la nostra percezione è
stata quella di un tour “blindato”, lungo il quale ogni cosa era
controllata, direttamente o indirettamente, dallo stato. Un tour nel
quale, per motivi promozionali, sia stato ostentato il progresso, il
benessere, e celata la miseria, il disagio.
E tutto ciò non l’ho gradito!
Anche la guida, infatti, ci ha riferito di essere un dipendente del
governo, così come tutte le altre guide autorizzate in Turchia.
Egli, oltre a ricevere uno stipendio dallo stato, ha diritto anche a
sgravi fiscali rapportati al numero di turisti che in un anno riesce
a portare nelle aziende indicategli dal governo. Quindi, ecco
spiegato perché, nonostante il nostro disappunto, siamo stati
costretti a visitare la fabbrica di tappeti, piuttosto che alla
gioielleria o alla fabbrica di abbigliamento in pelle. E
probabilmente, di questo meccanismo ne fanno parte anche gli
alberghi ed i ristoranti in cui siamo stati, così come le aree di
sosta lungo l’itinerario.
Forse perché siamo troppo abituati a viaggiare in piena autonomia e
libertà, ma credo che sia questo l’unico modo per apprezzare
realmente un territorio, un popolo, una cultura, per sentirne la sua
vera essenza.
Altra grande contraddizione, ritengo sia quella religiosa.
Pur apprezzando la laicità dello
stato turco, caso unico nel mondo musulmano, non riesco a coniugare
l’integralismo religioso di una buona parte della popolazione con
l’aspirazione del Paese di entrare a far parte dell’UE. Tra i Paesi
europei e la Turchia vi sono diverse tradizioni, un diverso stato di
diritto, una diversa considerazione della donna, dei figli e della
famiglia. Ed anche gli stessi laici, dopotutto, hanno un’etica che
affonda le proprie radici nella cultura musulmana. D’altro canto,
nella fede musulmana converge circa l’80% della popolazione. Quindi,
è chiaro che le stesse leggi del Paese affondino le proprie basi nei
precetti dell’Islam.
Tuttavia, spero ed auguro agli amici turchi che prosegua e si
intensifichi il loro processo democratico, sempre nel segno della
laicità dello stato e nel rispetto delle diverse fedi religiose,
affinché il Paese entri presto a far parte della grande famiglia
dell’Unione Europea.
Peraltro, in Turchia ci sono tante altre cose da vedere, come ad
esempio altre importanti acropoli dell’antica Grecia nell’Egeo, la
costa del Sud e la zona di Antalya, o la costa sul Mar Nero e tutto
l’Ovest del Paese. Ed anche ad Istanbul ci ritorneremmo volentieri,
per viverla più lentamente e liberamente, tra la gente.
Speriamo presto, magari in camper! |