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Giovedì 25 giugno 2014
New York 
 

 

Poco dopo le 09:00 siamo già a New York City. Con la metro arriviamo fino a Battery Park, nella Downtown, all’estremità Sud di Manhattan. Da qui prendiamo il battello per la Statua della Libertà ed Ellis Island, l’isolotto su cui vi è il Museo dell’Immigrazione. Approdiamo dapprima sull’isola su cui svetta l’imponente Statua, altissima, seppure di dimensioni più ridotte rispetto a quanto immaginassimo.

Battello per la Statua della Libertà ed Ellis Island

Le giriamo attorno, fotografandola da ogni punto di osservazione. Anche lo skyline di Manhattan, del Financial District in particolare, è spettacolare visto da qui. Sarebbe possibile vistare la Staua della Libertà all’interno e salire sulla sua corona, ma c’è fila, quindi rinunciamo. Del resto, immaginiamo che da lassù il panorama non sia molto diverso da quello che vediamo dai piedi della statua. Peraltro, non ci sono ascensori e la salita sappiamo che è molto faticosa, soprattutto perché all’interno non c’è aria condizionata. Il ticket di ingresso, poi, costa 21,00 $.



Statua della Libertà

Dopo una mezzora o poco più, prendiamo uno dei traghetti che fa il giro delle due isole e ci trasferiamo sulla vicina Ellis Island. Qui approdavano gli immigrati che nei primi decenni del Novecento arrivavano negli U.S.A. via mare. Individuiamo l’edifico principale, ora Museo dell’Immigrazione, in cui tutte le persone in arrivo venivano registrate, visitate e smistate. Ci sono foto, documentazioni. Si sente odore di sofferenza, di povertà, di gente in cerca di fortuna, di una vita migliore. Il luogo emoziona, suggestiona. Ci sono foto dei registri in cui venivano annotate tutte le informazioni sulle persone,  compresi i loro

dati biometrici e l’esito di visite mediche sommarie. E queste ultime provocavano terrore negli immigrati arrivati qui dopo un lungo viaggio. Bastava un nulla, un piccolo dubbio, che si finiva nell’adiacente ospedale, in osservazione, in quarantena. Ed alcuni venivano anche respinti, fatti rimpatriare, perché non giudicati in buona salute. Ci sono le sale mediche, il refettorio, il dormitorio. E’ un luogo che mette tristezza, che impressiona. Qui, tra il 1892 e 1954, anno della sua definitiva chiusura, sono arrivati negli U.S.A ben 12 milioni di immigrati, di cui molti europei e tanti italiani.
All’Ellis Island Immigration Museum hanno messo a punto un database, consultabile gratuitamente all’interno della struttura, ma anche on line, in cui sono stati inseriti tutti i dati delle persone che sono transitate da qui. Abbiamo fatto anche noi una ricerca ed abbiamo individuato il nominativo di un lontano parente, arrivato qui nel 1913, poi trasferitosi definitivamente a Chicago. Di lui abbiamo rintracciato la pagina del registro su cui furono annotati i suoi dati ed il suo certificato di immigrazione. Ci rendiamo conto dell’importanza storica di questo luogo, anche per noi italiani.

Ellis Island Immigration Museum

Lasciata Ellis Island torniamo a Manhattan. Dal battello, durante il tragitto, fotografiamo ancora il Financial District, il ponte di Verrazzano in lontananza, Jersey City, Brooklyn, finché non approdiamo di nuovo a Battery Park.

Mangiamo qualcosa in un fast food, poi riprendiamo il nostro cammino.
Raggiungiamo Wall Street, costeggiando grattacieli incredibili, qui particolarmente concentrati. Intorno all’edificio, in stile dorico con alte colonne in marmo, c’è un cordone di sicurezza incredibile.
Chiaramente, questo è il simbolo del potere finanziario americano, quindi molto vulnerabile.
Dopo pochi minuti, ecco che siamo nella piazza dove un tempo c’erano le torri gemelle. C’è molta gente e tanta polizia.

 

Wall Street

Anche questo è un luogo simbolo, dopo quell’11 settembre.
Nel luogo prima occupato dalle due torri, oggi svetta il più alto edifico di New York, il One Word Trade Center, alto ben 541 metri. Nel mirino della mia fotocamera proprio non ci sta. Avrei bisogno di un grandangolo, che non ho. E’ davvero altissimo. Le sue pareti sono tutte in vetro e su di esso si riflette l’azzurro del cielo e delle poche nubi presenti. Sembra quasi trasparente.
 



One Word Trade Center

Ai suoi piedi il grande Memorial di quel tragico e vigliacco attentato terroristico in cui persero la vita circa 3000 persone. E’ una fontana in marmo, un grande quadrilatero profondo una decina di metri, sulle cui pareti scorre acqua. Sul fondo, al centro, un altro quadrilatero, sempre in marmo, sprofonda nel terreno per altri metri, come fosse una voragine. Sul marmo attorno al Memorial sono incisi i nomi di tutte le personale che quel tragico giorno persero la vita. E’ impressionante, commovente!
 

 

Memorial 11 set. 2001

 

Intanto, sono circa le 16,30. Ci allontaniamo in cerca di una stazione della Metro, per poi raggiungere la Grand Central.
Prima di prendere il treno per White Plains, ne approfittiamo per scattare delle foto. Questa stazione è un gioiello architettonico, è bellissima. Infatti, essa è stata molte volte utilizzata come set per grandi films. E pensare che, guardandola dall’esterno, non si direbbe, essendo quasi totalmente incastonata negli edifici che la circondano e la sovrastano. La sua presenza è discreta, ma una volta dentro, lascia a bocca aperta.

 

 


 

 


 

 

 

 
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 


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