Scorfani ancora vivi, aragoste enormi contrattate a 25,00 €. il kg.
ed addirittura un piccolo squalo, oppure qualcosa di molto simile.
Pesce spada a volontà e pesce azzurro, venduti a prezzi irrisori, se
confrontati a quelli praticati nelle pescherie di molte città
soprattutto del nord Italia. Sembra di essere ad una sagra del
pesce, eppure è chiaro che qui è norma, ogni giorno. E’ una delizia.
Straordinario!
Trapani - Torre di Ligny
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Prima di allontanarci dal
mercato del pesce entriamo in una pescheria, dove
acquistiamo dei barattoli di filetto di tonno; sono l’unica
cosa che non è necessario mettere in frigo e che quindi
possiamo permetterci di acquistare.
Quindi, proseguiamo verso la punta estrema del centro
storico, alla cui estremità vi è la Torre di Ligny, che però
è chiusa. Va bene che è lunedì, ma non è possibile. E’
inammissibile! Non possiamo fare altro che osservare la
Torre da vicino e girarci attorno, soffermandoci ad
osservare il mare e le Isole Egadi. |
Ci inoltriamo nuovamente nelle vie del centro, dirigendoci verso
Corso
Vittorio Emanuele, fino a raggiungere la Cattedrale di San Lorenzo,
nella quale entriamo.
La chiesa
risale al XIV sec., ma successivamente ha subito dei
restauri. L’aspetto attuale, infatti, lo ha assunto solo a
seguito dei restauri effettuati nel Settecento. L’aula si
presenta a croce latina, a tre navate suddivise da file di
sei colonne. Oltre alle numerose opere d’arte e scultoree,
nella Cattedrale è custodito anche una statua in marmo della
Madonna di Trapani, veneratissima dai trapanesi, ma anche
dalle popolazioni di tutto il Mediterraneo, davanti alla
quale ci soffermiamo. Pensiamo sia l’originale, poi una
suora ci spiega che trattasi di una copia in
marmo qui custodita dal 2012,
mentre la |
Cattedrale di San Lorenzo |
statua originale, giunta a
Trapani nel 1300, non si sarebbe mai mossa dalla Basilica
Santuario di Maria Santissima Annunziata.
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Corso Vittorio Emanuele
In fondo, Palazzo Cavarretta |
Proseguendo su Corso Vittorio Emanuele, raggiungiamo il
bellissimo Palazzo Cavarretta, sede del Municipio, edificato
nel XVII sec. in stile barocco, quindi, in Via Torre Arsa,
ci sediamo a tavolino da Colicchia, la rinomata gelateria,
dove ordiniamo una granita al pistacchio e mandorla (io) e
fichi e mandorla (Paola), con brioche. Buonissime! Alla
cassa, il Cav. Colicchia in persona, ormai anziano, notata
la mia curiosità, mi racconta appassionatamente della
gelateria, della sua storia, dalle origini ai tempi
attuali, e dei loro prodotti, precisando
che nelle loro produzioni non
utilizzano che |
ingredienti freschi, di stagione, alcuni dei
quali prodotti nei loro stessi campi. E ancora, mi racconta
di quanto siano orgogliosi di ciò, in quanto le loro granite,
senza alcuna modestia, sarebbero le migliori di tutta la
Sicilia occidentale, pur ammettendo che altrettanto buone
sarebbero solo quelle sulla costa tra Messina e Catania, che
però avrebbero una diversa consistenza, in quanto meno
cremose. Che brava persona! Quanta passione! Davvero
ammirevole!
Passeggiamo ancora un po’ lungo le vie del
centro, poi ci dirigiamo verso la macchina. |
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Colicchia - Granite e
gelati |
Vista una gastronomia, decidiamo di mangiare qualcosa. Prendiamo
varie cosine sfiziose, un po’ di fritto, delle melanzane, etc…
alcuni assaggi, niente di che.
Recuperata la macchina, partiamo alla volta di San Vito lo Capo,
decisi a percorrere, finché è possibile, tutta la litoranea.
Notato un cartello di interesse turistico, indicante una tonnara,
seguiamo le indicazione finché non ci ritroviamo di fronte alla ex
Tonnara di Bonagia, attualmente recuperata ed adibita ad albergo.
Nel cortile della tonnara, anche un ristorante. Un luogo molto
caratteristico, ben recuperato.
Sulla costa, dalla parte in cui la tonnara volge al mare, alcune
vecchie barche da mattanza, ormai ridotte a carcasse, e delle
vecchie ancore. Nel punto più dominante, un vecchio bunker in
cemento armato utilizzato durante la II Guerra Mondiale.
Ripartiamo, questa volta prendendo la strada più diretta per San
Vito, che raggiungiamo alle 16,00 circa. Grazie al navigatore,
ritroviamo facilmente la via in cui è ubicato il nostro albergo, ma
non riusciamo ad individuare dove precisamente questo sia, tanto che
alla fine arriviamo in fondo al lungomare, ovvero davanti
all’ingresso della base della Marina Militare, in cui appunto vi è
il faro di San Vito lo Capo.
Qui sono ferme due macchine della Polizia Municipale; decidiamo di
chiedere a loro ulteriori informazioni, indicandogli il nome
dell’albergo: Hotel il Faro. Gli agenti, gentilissimi, si adoperano
immediatamente, cercando nel loro stradario, ma anche loro hanno
difficoltà. Iniziamo a preoccuparci!
Ci invitano a seguirli in macchina, quindi partiamo scortati da ben
due macchine della Polizia Municipale, una avanti, l’altra dietro di
noi, che comunque di lì a poco riusciranno a condurci all’ingresso
dell’Hotel.
In albergo non c’è nessuno. Non incontriamo alcun ospite. Max, il
titolare, in mattinata ci ha contattati a telefono, informandoci che
per motivi personali non sarebbe stato presente al nostro arrivo.
Tuttavia, egli ci avrebbe lasciato le chiavi della nostra stanza in
un determinato posto, in un cassetto. Situazione un pò strana! Alla
reception ci guardiamo attorno, quindi individuiamo quello che
potrebbe essere il cassetto indicato da Max. Dentro, in effetti, ci
sono le chiavi ed anche il pass per il parcheggio della macchina. Ci
sistemiamo in camera.
Dopo un pò decidiamo di andarcene nella vicina spiaggia, a piedi,
per rilassarci un pochino. Lo spiaggione di San Vito lo Capo è molto
ampio e spazioso. Esso copre una superficie in gran parte occupata
da stabilimenti, ma non manca anche un ampio spazio di spiaggia
libera. Il nostro albergo è proprio lì, sull’estremità occidentale
dello spiaggione, di fronte al piccolo porto.
Il mare è bellissimo, l’acqua pulitissima e
trasparente.
San Vito lo Capo |
Ma altrettanto limpida è anche l’acqua nel porto, tanto da
vedersi chiaramente il fondale, su cui si riflettono le
ombre delle barche ormeggiate.
Per cena ci rechiamo da Gna’ Sara, ristorante rinomatissimo
a San Vito soprattutto per il cous cous, che ci è stato
suggerito e raccomandato da una collega di Paola. Alle 19,45
il ristorante è già pieno, mentre stranamente gli altri
sembrano semivuoti. Peraltro, Gna’ Sara non accetta
prenotazioni, quindi, ove non si trovi posto, non resta che
attendere fuori che si liberi un tavolo. |
Fortunatamente, al nostro arrivo c’è ancora un tavolo, quindi ci
accomodiamo immediatamente. Poco dopo, però, notiamo che fuori c’è
gente che aspetta, a cui il titolare distribuisce un numerino
indicante l’ordine di arrivo. Mai vista una cosa del genere!
Ordiniamo un antipasto misto a base di pesce, un soufflè di
melanzane e ricotta, e due cous cous al dentice, su cui c’è
un’abbondante quantità di filetto di pesce, di dentice. Tutto super
ottimo ed abbondante. Peraltro, finire il cous cous non è stato
semplice. Paghiamo 51,00 €.. Andiamo via più che soddisfatti!
Dopo cena decidiamo di fare un giro per le vie del centro, mentre il
Gna’ Sara ha ancora un sacco di gente che attende il proprio turno.
Altri ristoranti, invece, hanno ancora una buona disponibilità di
tavoli vuoti, tanto che alcuni provano ad invitare i turisti ad
accomodarsi.
Girando per le vie cittadine, abbiamo visitato anche la bellissima e
particolare Chiesa di Santa Crescenzia, risalente al 300, che nel
corso del 400 subì una profonda trasformazione, assumendo le
funzioni di fortificazione e alloggio per i pellegrini che qui si
recavano per devozione dei Santi Vito e Crescenzia. A loro, infatti,
erano attribuiti numerosi miracoli.
Dopo un po’, ormai stanchi, decidiamo di andarcene a letto.
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